Bernardino di Betto, conosciuto anche come Pintoricchio, nacque tra il 1456 e il 1460 a Perugia da una modesta famiglia di artigiani. La prima vita del pittore sembra essere stata molto infelice e fu ulteriormente complicata nel 1475 quando suo padre, un semplice conciatore di stoffe, morì di peste.
Alcuni anni prima, però, Giapeco Caporali, lo straordinario miniaturista, aveva aperto una bottega nella stessa strada della casa di famiglia del giovane Bernardino e si presume che il ragazzo abbia fatto le sue prime esperienze con pennelli e colori nella bottega Caporali. Erano anni di grande fervore artistico a Perugia; la città stava diventando un eminente centro di attività artistiche nell’Italia centrale. Nei primi anni, Pintoricchio partecipa a questa rinascita artistica, a volte come spettatore, altre volte come protagonista; gli si riconosce di aver lavorato alle maestose tavole che raccontano le storie di San Bernardino nel 1473, e di aver affiancato il Perugino nelle impalcature della Sistina.
Non è però fino al 1481 che sono documentate le sue prime opere d’autore, in seguito alla sua iscrizione alla corporazione degli artisti e pittori di Porta Sant’Angelo, a Perugia. Lavorare a Roma gli permise di conoscere nuove e influenti figure: tra il 1482 e il 1485 dipinse la cappella Bufalini all’Aracoeli, tornò saltuariamente nella sua città natale per completare alcune sue opere e per eseguire piccole commissioni, alcune delle quali ottenute grazie al nipote Girolamo di Simone – il giovanissimo canonico della cattedrale di San Lorenzo di Perugia. Questo fatto può spiegare anche gli ottimi rapporti che Pintoricchio ebbe con Innocenzo VIII, per il quale, tra il 1487 e il 1488, lavorò al cantiere dei suoi appartamenti in Vaticano: purtroppo solo una parte di questi è ancora esistente, poiché il resto fu distrutto per far spazio al Museo Pio Clementino.
Nel 1490 Bernardino era al lavoro nella Sala dei Mesi nel Palazzo del Cardinale Domenico Delle Rovere e nella Cappella Santa Maria del Popolo.
Due anni dopo venne a Orvieto per una commissione nel Duomo che fu completata solo nel 1496. Nel frattempo Alessandro VI Borgia era diventato Papa e commissionò all’artista umbro la decorazione dei suoi appartamenti in Vaticano, un progetto grandioso che tenne Pintoricchio impegnato a Roma fino al 1495.
Il 2 gennaio dello stesso anno, la pala d’altare di Santa Maria dei Fossi, forse una delle sue opere più significative, era ancora in attesa di completamento. I lavori a Spoleto, Perugia e Orvieto portarono denaro e nel 1501 anche il riconoscimento del potere politico che lo nominò priore delle Arti a Perugia.
Le vicende della vita del Pintoricchio sono strettamente legate al panorama politico perugino, egli fu familiare e fedele servitore di Cesare Borgia e fu anche legato alla famiglia Baglioni, dalla quale ricevette l’incarico di decorare le pareti della Capella Bella nella Chiesa di Santa Maria Maggiore a Spello, dove – tra l’autunno del 1500 e la primavera del 1501 – realizzò dipinti di così magnifica bellezza e abilità che la sua fama ed eminenza negli ambienti artistici umbri fu garantita per molti anni a venire.
Molti considerano il suo coronamento il sorprendente ciclo di affreschi che illustra la vita di Enea Silvio Piccolomini, Papa Pio II, situato nella biblioteca Piccolomini a Siena. Ambrogio Barocci progettò la grandiosa struttura architettonica e i disegni delle scene illustrate furono preparati da un giovane Raffaello; questi dettagli servono solo a sottolineare la grandezza raggiunta dal pittore perugino.
Nel 1506 gli affreschi furono completati e Pintoricchio ricevette l’incarico di dipingere la pala di Sant’Andrea a Spello, che poi lasciò a Eusebio da San Giorgio.
Tra il 1509 e il 1510 dipinse la sua ultima opera romana, le volte della Capella delle Rovere in Santa Maria del Popolo.
Nel 1513 si ritirò, per motivi di salute, nella campagna senese, dove morì l’11 dicembre. Era ricco ma solo, in seguito all’abbandono da parte della moglie. Fu una fine triste e solitaria per un artista che inizialmente era considerato « sordo, piccolo e poco appariscente », ma che tuttavia era riuscito a raggiungere la grandezza.
Bernardino di Betto (Benedetto), pittore italiano chiamato II Pinturicchio, era, come il Perugino, un nativo del distretto intorno a Perugia.
I suoi contemporanei pensano che sia stato un allievo del Perugino e che abbia avuto una parte negli affreschi del Perugino nella Cappella Sistina nei primi anni 1480. Secondo il Vasari, Pinturicchio era un assistente pagato del Perugino.
Le opere della scuola perugina del Rinascimento sono molto simili; e i dipinti di Perugino, Pinturicchio, Lo Spagna e Raffaello possono spesso essere scambiati l’uno con l’altro. Nell’esecuzione di grandi affreschi, allievi e assistenti avevano una grande parte nel lavoro, sia nell’ingrandire lo schizzo del maestro al cartone a grandezza naturale, nel trasferire il cartone al muro, o nel dipingere sfondi o accessori.
Annunciazione, Cappella Baglioni, Collegiata di Santa Maria Maggiore, Spello
La Chiesa di Santa Maria Maggiore è sede di una straordinaria cappella, interamente affrescata dal Pintoricchio tra l’estate del 1500 e la primavera del 1501.
Nella Cappella Bella le illustrazioni narrano la storia di Maria. Sulla parete di sinistra c’è l’Annunciazione, con meravigliosi episodi di vita quotidiana, più indietro l’Adorazione dei pastori e più avanti la Cavalcata dei Magi. A destra, la Disputa di Gesù con i dottori. Sulle volte sono affrescate Sibille Tiburtina, Eritrea, Europea, Samia. La rigorosa pianificazione dei disegni, realizzata con le più recenti regole prospettiche del XV secolo, non ha impedito al Pintoricchio di esprimere i minimi dettagli e di affiancare alle immagini principali gli aneddoti, storie extra che catturano l’attenzione con la ricchezza della loro pittura, la loro abilità descrittiva e la variazione delle piante e dei fiori dipinti: tutti eseguiti con colori brillanti e preziosi. È proprio per questa vivacità cromatica unita alla freschezza dello stile narrativo, al rigore del disegno spaziale e ai riflessi del pavimento piastrellato, che questo luogo divenne universalmente noto come la ‘Capella Bella’.
I membri della potente e sanguinaria famiglia Baglioni, i governanti di Perugia, sono dipinti come i Magi. Un interessante parallelo sono gli affreschi di Benozzo Gozzoli a Firenze che mostrano la famiglia Medici nello stesso ruolo.
L’Annunciazione, con la sua miriade di dettagli e sottotrame, è un esempio dello stile decorativo di Pinturicchio, tanto ammirato nel XIX secolo. Questa scena tradisce la conoscenza di Pinturicchio della pittura romana antica, così come la sua consapevolezza del valore della natura morta. Con un tocco d’ingegno, egli include sulla parete destra il suo proprio ritratto, blasonato con il suo nome, come un quadro nel quadro.
L’affresco dell’Adorazione del Bambino decora la parete orientale della cappella. Su altre due pareti della cappella sono rappresentati l’Annunciazione e il Cristo dodicenne nel Tempio, mentre sul soffitto si trovano quattro sibille.
Se siete stati a vedere gli affreschi del Perugino nel Collegio del Cambio a Perugia, sarete interessati a vedere l’autoritratto del Pinturicchio. L’artista ha incluso nell’affresco il proprio ritratto, blasonato con il suo nome, come un dipinto nel dipinto. Il Perugino aveva usato lo stesso trucco nel Collegio del Cambio un anno prima.
Se siete interessati, numerose produzioni video possono essere online ritraenti i dipinti e la storia di Pintoricchio. Inoltre, molti musei attualmente consentono tour virtuali direttamente online.
Roma
La carriera di Pinturicchio salì alle stelle a Roma, dove fu attivo in dipinti come questo per una chiesa locale, e dove fu poi assunto dal papa regnante, Alessandro VI.
Gli affreschi della Cappella Bufalini all’Aracoeli richiedono una menzione speciale perché sono così caratteristici di Pinturicchio e perché rappresentano un alto grado di realizzazione. Egli tratta qui un’iconografia abbastanza nuova, la vita di San Bernardino, che per coincidenza era il suo santo di nome. La Morte di San Bernardino ha una scena spaziale che si apre su una profonda piazza di forma irregolare. L’architettura dell’intera opera è completamente aggiornata ed elegante, e ricorda il trattamento del Perugino nel Cristo che consegna le chiavi a San Pietro della Cappella Sistina. La disposizione delle figure è spontanea, quasi accidentale, con scene secondarie sparse nei piani che si allontanano. Il dettaglio naturalistico accidentale offre divertimento visivo, con il paesaggio in lontananza trattato con particolare efficacia. Pinturicchio aveva pochi pari tra i suoi contemporanei nell’integrazione di panorami luminosi e diversificati con le sue figure.
Papa Alessandro VI (il cardinale Rodrigo Borgia fu eletto papa nel 1492) affidò a Pinturicchio la decorazione delle stanze del suo appartamento (ora conosciute come le stanze Borgia). I dipinti, che furono eseguiti tra il 1492 e il 1494, attinsero a un complesso programma iconografico che utilizzava temi di enciclopedie medievali, aggiungendo uno strato escatologico di significato e celebrando le presunte origini divine dei Borgia. Le stanze sono: Sala delle Sibille, Sala del Credo, Sala delle Arti Liberali, Sala dei Santi, Sala della Fede.
Questi affreschi sono problematici per il grado di partecipazione della bottega. Per la vasta impresa, presumibilmente fatta in fretta, il pittore aveva un certo numero di collaboratori, anche se lo stile generale, il gusto e il programma devono essere stati responsabilità di Pinturicchio. I soffitti elaborati con motivi all’antica e numerosi riferimenti classici, insieme alle costanti allusioni ai Borgia, sono sicuramente di mano di Pinturicchio.